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L'erba voglio era nell'orto
disagiografia di un cantautore

prefazione di Freddie Del Curatolo

di Francesco Magni

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i libri di brianze



È il 1980 quando, saltellando come un folletto, Francesco Magni (da Capriano di Briosco, classe 1949) zompetta fuori dagli schermi del festival di Sanremo con l’apparentemente scanzonata Voglio l’erba voglio, vincendo il Premio della Critica.
La sua avventura musicale inizia negli anni ’70. La grinta poetica delle prime composizioni in dialetto cattura l’attenzione di Nanni Svampa, che le incide e le pubblica per la Durium (Al dì d’incoeu - 1977).
Il caso gli fa incontrare in treno Moni Ovadia, talent scout e leader del “Gruppo Folk Internazionale”. Scocca la scintilla e Ovadia produce per l’Ariston Il Paese dei bugiardi (1978) e Cocò (1980), avvalendosi della collaborazione di formidabili musicisti, quali Franco Parravicini, Mario Arcari, Piero Milesi, Gerardo Cardinale, Vincenzo Zitello e Roberto Mazza.
E con il contributo vocale di Antonella Ruggiero e Alberto Fortis.
Nel frattempo Magni insegna musica di base nelle scuole elementari; realizza poi il singolo Dracula-Canzone d’amore (1981) e Magnetico Tic (1983).
Segue un periodo di viaggi, di riflessioni e lavoro manuale per il restauro di una vecchia cascina a Capriano, in Brianza. Il Nada Yoga, la via del suono, lo avvicina alla musica indiana. Canta nel tempio di Shirdi Baba in India e incide Sai Mama (con Daniele Caldarini e Roberto Colombo). Il cd sarà in seguito stampato anche in lingua inglese (Sai Mother).
Risfoderando il dialetto, vince a Torino con Lambrada (1990) il Premio “Chico Mendes” per la canzone ecologica. Collabora coi “Matia Bazar” e riesce a farsi produrreAmami di meno amati di più (1995) da Roberto Colombo.
Dopo una lunga pausa Magni, fischiettando, chitarra e armonica, affiancato dalle puntuali chitarre dell’amico Franco Parravicini e da quattro giovani fiati, con Scigula (2004) torna a riproporre i suoni della Brianza.
Seguono, sempre in dialetto, Balada del balabiott (2008) e il “manzoniano” Renzo e Luzia (2012).
Del resto, dice Francesco:
La parlada l’è la mama,
la scritura l’è la zia,
el rest domandel a la sciura Maria.

www.francescomagni.com



Dalla Michelina alla Mescalina
Gli straordinarissimi viaggi di un cantautore brianzolo

Dopo aver letto il libro e prima di accingermi a scrivere queste poche righe di accompagnamento, mi sono trovato di fronte ad un dilemma. Ma… trattasi di una biografia o di un diario di viaggio? Di storia o di geografia? Di tempo o di luogo? O, per dirla alla Magni, di fuori tempo e fuori luogo…
Come Saturnino Farandola nei suoi “straordinarissimi viaggi” (andatevelo a cercare in internet!), Camillin/Franz/Francesco attraversa leggero la gravità del mondo, nell’eterna rincorsa dell’attimo fuggente. Fredddie Del Curatolo - splendida la sua prefazione! - ha definito Francesco Magni “un Gohu bianco”. Per me è lo “spiritell cuntent che insci el cantava”, (Scigula, 2004 ) cogliendo dove capita umanità e bellezza. Come le papaye a Jebel Murra...
Sballottato tra la Michelina e la Mescalina, tra De Andrè e Craxi, tra la cascina Molera e il tempio di Sai Baba, tra le BR e i Pooh, tra Rostagno e Vasco, il povero lettore non sa più che pesci pigliare. Certo non quelli del Lambro. "Lambro in technicolor, thrilling infinito. Spettro delle mie brame, sei il più schifoso del reame. Lambradì…Lambradà…Lambrada…" (Premio Chico Mendes a Torino nel 1990).
E, comunque, se non pigliate pesci, sappiate che l’insalata è sempre là. Come l'erba voglio. Nell’orto.

Paolo Pirola
www.brianze.it


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