Christus, una mistica poesia
I 2.279 metri di pellicola del film, girato dal regista Giulio Antamoro a partire dal 1914, ripercorrono la vita di Gesù dall’annunciazione dell’angelo Gabriele all’ascensione al cielo.

di Rossella Abate
(Maglie, 1973) è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Pavia. Dopo il conseguimento del Master Internazionale in Scienza e Tecnologia dei Media, lavora nella redazione del programma e del sito Internet “Testimonianze dai Lager” prodotto da Rai Educational. Attualmente collabora per la testata “TV Sorrisi e Canzoni” della Mondadori.

Tra tutti i film ispirati al Vangelo realizzati nei primi anni del muto - uno storico pare abbia individuato ben 52 pellicole sulla vita e la morte di Gesù - il Christus della Cines, con la regia di Giulio Antamoro, eccelle per la spettacolarità e l’intensità delle scene rappresentate. La sceneggiatura e le didascalie si basarono sul poema iconografico commissionato dal conte Antamoro a Fausto Salvatori, poeta e autore di poemi e libretti per opere teatrali. Egli descrisse con precisione ogni particolare del dramma divino: personaggi, costumi, località e movimenti di massa. Questa minuzia facilitò di gran lunga il lavoro registico. Suddiviso in tre parti, denominate Misteri, il film ripercorre la vita di Gesù dall’annunciazione dell’angelo Gabriele all’ascensione. Le scene comprese nel primo Mistero sono: l’annunciazione, la nascita di Gesù, l’adorazione dei Magi, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto e il ritorno a Betlemme. Il secondo include: il ritrovamento di Gesù dodicenne al tempio, il battesimo nel Giordano, le tentazioni nel deserto, i miracoli e le guarigioni, i mercanti cacciati dal tempio, l’episodio di Maria Maddalena, la resurrezione di Lazzaro e l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme. Il terzo Mistero è a sua volta suddiviso in tre parti: la Passione, la Morte e la Resurrezione. Le scene principali sono: l’ultima cena, Gesù nell’orto del Getsemani, il tradimento e l’arresto di Gesù, il rinnegamento di Pietro, il suicidio di Giuda, Gesù davanti a Pilato, la liberazione di Barabba e la condanna a morte di Gesù, la flagellazione, la salita al monte Calvario, la crocifissione e la morte, la deposizione e la sepoltura, la resurrezione, l’apparizione ai discepoli e l’incredulità di Tommaso, l’ascensione al cielo.

I CENTO QUADRI. Un elemento curioso e interessante della rappresentazione scenica è costituito dalla riproduzione di modelli figurativi tratti dalla grande tradizione pittorica. Si possono infatti riconoscere, sia per l’ambientazione che per l’intensità della rappresentazione: L’Annunciazione di Giovanni da Fiesole (più noto come Beato Angelico), Il Battesimo del Perugino, La Trasfigurazione di Raffaello, La Cena di Leonardo, La Deposizione di Rembrant, La Crocefissione di Mantegna. A ben vedere, qualcuno individua addirittura nel film più di cento quadri, la cui corrispondenza però appare agli occhi dei più un po’ forzata. Corrispondenza quasi inequivocabile nel caso delle celebri opere d’arte su menzionate. Per l’ambizioso regista Antamoro, fu un’impresa titanica e dispendiosa mettere a punto i 2279 metri di pellicola di cui è composto il film. Raggruppata la numerosa troupe, si recò sui luoghi originari della Sacra Scrittura - Egitto e Palestina - per girare alcune scene. Le riprese cominciarono probabilmente nell’estate del 1914, anno in cui iniziava in Europa il primo conflitto mondiale e, dopo innumerevoli difficoltà logistiche e contrasti tra Antamoro e il direttore Fassino della Cines, il film montato venne presentato al visto della censura nell’aprile del 1916. In prima istanza, parte del negativo non venne approvata perché non di buona qualità. Questo rese necessario rigirare alcune scene relative al terzo Mistero; il lavoro fu commissionato al regista Enrico Guazzoni perché Antamoro aveva già abbandonato la Cines. Con l’aggiunta dei 228 metri di Guazzoni ai già approvati 2051, il film era pronto per la presentazione al pubblico.

LA SERATA DELLA PRIMA. L’8 novembre del 1916, al Teatro Augusteo di Roma, fu organizzata una serata di gala per la prima proiezione. Come si usava per i film più importanti, la Cines aveva affidato al maestro Giocondo Fino il compito di scrivere una partitura musicale di accompagnamento per orchestra che venne eseguita in sala. Tra i presenti: la regina Elena, alcuni rappresentanti del Governo, vari ambasciatori e alcune personalità della cultura. Fu un successo raro. In un’epoca in cui era ancora vivo il dibattito sul valore artistico della cinematografia, dopo questa rappresentazione si legge: “ Un grande, superbo, consolante avvenimento d’arte ci ha attirati una volta ancora nella città eterna, da dove eternamente irraggeranno luci di fede e di gloria, in ogni campo delle superiori manifestazioni internazionali. Se la corsa affrettata ci ha procurato qualche disagio, è pur vero che lo spettacolo che ci è stato offerto, immensamente superiore ad ogni nostra più grande aspettativa, ci ha largamente compensati di ogni nostra fatica. […] Capolavoro? Meraviglia rara? Cosa non mai vista? Lavoro strabiliante? Film perfetto?” .
Nonostante la durata della proiezione - ben tre ore - gli osservatori annotano con cura il fervido impatto sul pubblico presente in sala. Oltre agli applausi, qualcuno segnala, al ritorno della luce, le lacrime di alcune dame presenti. Il film, però, prima ancora di ottenere il visto della censura, era stato proiettato, il 19 o il 20 dicembre del 1915, davanti a quindici cardinali presso il Pontificio Istituto Biblico. Un grande successo riscosse anche quando venne presentato a Parigi, al Trocadero. La più grande sala della città, affittata per l’occasione, ospitò, oltre a un pubblico plaudente, un’orchestra di 80 musicisti diretta dal maestro Charpenter. Grande merito del risultato ottenuto si deve naturalmente ai già affermati interpreti: Alberto Pasquali, nel ruolo di Gesù, e Leda Gys, nel ruolo della Madonna. I commenti e gli elogi di quest’ultima si sono nel tempo sprecati. Tale è stata la sua bravura nel Christus che Vico d’Incerti in un saggio racconta: “Mentre si stava girando la scena dell’Annunciazione, la Gys era inginocchiata in un angolo della casa di Giuseppe, tutta presa dalla sua parte; nel bel volto giovane, nello sguardo limpido e dolce aveva una commozione intensa, vera. Ma il conte Antamoro si accorse che mancavano dei fiori dalla scena, e subito si provvide di trovarli. Giunse, infatti, poco dopo, nel teatro di posa una ragazzetta inviata di corsa da una vicina fioraia con un fascio di rose e gigli; come vide la Gys, radiosa sotto la luce, si fermò interdetta; poi lascio cadere tutti i fiori e giunse le mani tremanti in gesto di preghiera: credeva di essere davvero dinanzi alla Madonna” .
In un’altra fonte, l’episodio viene raccontato in modo dissimile: “[…] Leda Gys vi impersona la Madonna: è talmente aderente alla parte che una ragazza che le porta un caffè durante una pausa la crede realmente la Madonna ed è presa da convulsioni. […]” . Quale che sia la verità, non c’è dubbio che la superiorità espressiva dell’allora giovane attrice è incontestabile. Su Leda Gys si legge ancora: “[…] La semplicità, la ieratica modestia dei suoi gesti ne hanno fatto un puro modello, degno del pennello di Raffaello. Il suo casto profilo, quasi sovrannaturale, sembra trasfigurarsi nella preghiera nella splendida scena della Natività. Leda Gys non era più la bella attrice che tante e tante volte abbiamo applaudito, ma la Rosa Mystica delle Sacre Scritture.[…]” .
Molte colonne furono, quindi, riempite dai critici dell’epoca con l’esaltazione e la consacrazione a diva della giovane promessa “Leda Gys”. Anche l’interpretazione del già citato Alberto Pasquali, fino a quel momento attore di teatro con le più prestigiose compagnie del tempo, fu magistrale. Un anonimo così commenta: “[…] L’attore Pasquali è stato un Christus semplicemente sorprendente. I primi piani della morte meriterebbero di restare in un solenne museo religioso. […]” . I due attori, sia per il ruolo che per la superbia della rappresentazione, offuscarono e fecero passare in secondo piano la figura di Ponzio Pilato, interpretato da uno dei volti più noti della Cines, Amleto Novelli.

L’ACCUSA DI DILETTANTISMO. Tuttavia, il film fu bersaglio anche di critica negativa. Un certo Angelo Menini, corrispondente da Torino, così accoglie l’opera monumentale - rispetto ai mezzi a disposizione all’epoca –-di Antamoro: “Francamente ci si poteva attendere di più dalla grande casa romana […]. La mancanza di trama che qui si nota non è fatta certamente per interessare il pubblico, e quella episodicità troppo grande del lavoro non permette di apprezzare diversi quadri che per se stessi sono meritevoli di lode. […] La interpretazione è generalmente buona. […] La musica del maestro Giocondo Fino serve molto a questa pellicola poiché - francamente - molti sono portati all’applauso per la musica e non per la pellicola. […]” .
Giovanni Costa, studioso di storia romana, parla di “dilettantismo storico orecchiante” e pone l’accento su alcune evidenti discrepanze tra la rappresentazione scenica e gli eventi storici evocati. In una didascalia individua persino un errore di uso di un termine latino. Si tratta del cartello “Cesare Augusto detta al nomenclator l’editto del censimento”. “Nomenclator” è il termine incriminato e Costa pesantemente attacca: “Ma sanno sì o no i signori della Cines chi era il nomenclator. Era lo schiavo che introduceva i visitatori, dicendone il nome, che accompagnava il signore nelle sue passeggiate per dirgli i nomi di coloro che lo salutavano e ch’egli poteva non riconoscere!” .
Fatto sta che, giuste o spropositate che siano le critiche (sia in positivo che in negativo), il Christus rimane indubbiamente il primo esperimento in grande stile nella produzione di film religiosi. Per i suoi seppur ancora rudimentali effetti magici (o speciali?), come ad esempio la scena dell’apparizione dell’angelo Gabriele a Maria, il film entrò nell’immaginario popolare nazionale. Tant’è vero che, nella versione originale, venne ripresentato, in prossimità del Natale e durante la Settimana Santa, fino alla fine degli anni Venti e, nella sua riduzione in 9,5 millimetri Pathé Baby, continuò ad essere proiettato negli oratori e nelle sale parrocchiali anche negli anni Trenta e Quaranta. Il produttore Goffredo Lombardo, figlio della “divina” Leda Gys, ha di recente curato il restauro della pellicola. Restauro reso possibile solo dopo il recupero di varie parti del film in diversi Paesi: Francia, Germania, Stati Uniti e Sudamerica. Questo sta a dimostrare, per riprendere le parole di Lombardo, che “la cinematografia italiana di valore circolava in tutto il mondo” . La nuova versione è stata ricostruita dalla Cineteca del Comune di Bologna con la collaborazione di vari enti, anche svizzeri e francesi, ed è stata poi presentata al Festival del Cinema di Venezia nel 2000, in occasione del Giubileo. Attraverso la comparazione di materiali filmici e cartacei è stato così ricostruito il complesso sistema di colorazioni del film, la grafica e i testi delle didascalie originali. La musica d’accompagnamento è stata composta da Monsignor Marco Frisina che ha usato un linguaggio musicale vicino a quello dell’epoca del film.


Bibliografia di approfondimento
- A. Bernardini, Scheda sul “Christus”, realizzata in occasione della presentazione della versione restaurata del film al Festival del Cinema di Venezia nel 2000.
- V. Martinelli, Il cinema muto italiano. I film della Grande Guerra 1916, “Bianco e Nero”, Rivista del centro sperimentale di cinematografia, prima parte, Nuova ERI, Edizioni RAI, 1992, Torino, p. 6.
- R. Redi, La Cines. Storia di una casa di produzione italiana, CNC Edizioni, 1991, Roma.
- Tra una film e l’altra. Materiali sul cinema muto italiano 1907-1920, Quaderni della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Collana diretta da Lino Micciché, Marsilio Editori, 1980, Venezia.

Siti Internet consultati:
http://www.labiennaledivenezia.net
http://www.cinemazip.rai.it
http://www.tamtamcinema.it